L'importanza del gesto silenzioso
Siamo così abituati al suono, al rumore, che trovandoci nel silenzio assoluto, la prima cosa che avvertiamo è il senso di stranezza. Eppure, anche nel totale silenzio, nella completa assenza di rumori, è possibile udire un canto. Esso si fa spazio dentro noi nell’esatto istante in cui siamo pronti ad accoglierlo, un suono che tocca le note dell’anima passando non attraverso le orecchie, ma attraverso gli occhi: è il canto del gesto.
Attraverso la pittura, la fotografia, la cianotipia e il disegno, le opere presenti in questa mostra spezzano il limite delle due dimensioni raccontandoci del silenzio dei gesti, o meglio, di quello che hanno da dire certi gesti silenziosi.
E il messaggio arriva, proprio attraverso la rappresentazione di mani, nei loro gesti più comuni eppure ormai così rari, sono
mani che offrono, che cercano proprio noi, come il gesto della bambina dipinta da Elena Baboni, una posa fissata nel tempo, il dono di un fiore, uno sguardo che sembra seguire un’intuizione. Quel gesto lo ritroviamo in Shanti Ranchetti , mani/icona, mani/simbolo, quasi un volo di ombre cinesi, ma da cui ecco fiorire l’impossibile, l’incanto.
Un altro fiore ci parla attraverso i segni, e ci racconta di un dono usando proprio il linguaggio dei segni: “semi”, dicono le mani.
Ed è il fiore di Rebecca J a donarceli, il cui sguardo sembra interrogarci sulla nostra capacità di prendercene cura.
Ci raccontano del delicato rapporto tra genitori e figli i gesti raccontati dalle opere di Antonio Delluzio ed Elisabetta Reicher, fotografo il
primo, artista visuale la seconda, le cui opere, pur profondamente diverse, raccontano della delicatezza del sostenere e del lasciare andare.
Anche Elena C. Doria racconta in qualche modo di un dono ricevuto e del suo essere figlia, e nei suoi disegni troviamo, intenso, il rapporto mani/gesto/natura, lo stesso tipo di rapporto che ritroviamo in Gaia Cairo, di nuovo mani, questa volta abbracciate, tatuate, accompagnate, protette da animali marini in un silenzioso profondissimo blu delle sue cianotipie acquerellate, a ricordare il suo profondo amore per il mondo sommerso.
In Paola Casulli vediamo emergere la sacralità dei gesti, delle preghiere, dei falsi miti, delle attese che sono riconciliazioni, in un interessante trittico fotografico in bianco e nero, scelta cromatica che accompagna anche la surreale marcia grottesca delle mani sapientemente disegnate a matita da Nic Alessandrini.
ll linguaggio non verbale svela molto di noi, così ci sembra di intuire le nevrosi personali di ogni singolo individuo illustrato da Giulia
Savino, personaggi che ognuno può dire di aver incontrato almeno una volta nella vita, perché gesti, così come gli abiti, diventano le nostre personali didascalie e ci classificano.
Ed infine vi è l’importanza di un gesto che si palesa nel silenziosissimo paesaggio surreale di Angelo Barile, dove tutto è sospeso e le regole della fisica sono sovvertite; del resto siamo nel giardino dell’Eden, con Adamo ed Eva e quello che viene considerato il progenitore di tutti i gesti.
Tutto quello che accadrà dopo, inizia qui.